Il nostro paesino sorge su una caratteristica collinetta nel cuore dell’Irpinia a 560 m slm, tra la valle del Fredane e quelle dell’Ansanto ai confini con Rocca San Felice, Sant’Angelo dei L., Torella dei Lombardi, Frigento, Gesualdo e Paternopoli.
Una delle caratteristiche preminenti del territorio è l’abbondanza d’acqua (sorgenti di Formulano, Vallipari, San Giovanni e Pietrapiana).
Il prefisso del toponimo Villa, rimanda chiaramente alla presenza di un abitato sorto inizialmente intorno ad un latifondo.
Ancora nel territorio di Villamaina, fino agli anni Sessanta, in località Ponterotto erano ben visibili i resti di un ponte romano, che, non adeguatamente salvaguardato, oggi è sprofondato nell’alveo del fiume.
La storia di Villamaina è però in gran parte legata alla civiltà rurale e soprattutto ai numerosi mulini ad acqua di cui è letteralmente disseminato il corso del fiume Fredane, ben quattro dei quali sorgono nel territorio di Villamaina, nonostante esso sia, con i soli 9,1 Km² di estensione, il paese più piccolo lambito dal nostro fiume.
Questa constatazione, oltre ad altre considerazioni di tipo linguistico, lascia ipotizzare la possibile derivazione del nome di Villamaina, dall’attività di molitura del grano. Tagliavini, glottologo di fama internazionale, sottolinea come “il latino machina prestito dal greco dorico, si è specializzato in buona parte del territorio della Romània, per una sola di queste macchine e cioè per la mola da mulino”. La nostra ipotesi è quella dell’aspirazione del gruppo consonantico ch, come ritiene il Devoto che così precisa: “Macina nell’età classica si è allineato ai modelli greci, ha assunto l’aspirazione e ha avuto con questo uno svolgimento indipendente…” Makhina, dal greco dorico macanaé, ha dato così la forma aspirata. Villa machina, dunque starebbe ad indicare un latifondo, con annessa Villa Rustica, noto fin dall’antichità per la pratica della molitura del grano e di altri prodotti agricoli.
Il nostro panorama è contornato dal variegato sottofondo dell’Appennino Campano. Villamaina è un centro turistico-termale di antichissima tradizione, immerso nel verde delle Valli d’Ansanto, decantate da Virgilio in versi famosi (Eneide Libro VII, vv. 562 e ssg). La dolce morfologia del territorio, il clima mite ed arioso, gli interessanti itinerari naturalistici, ne fanno la meta ideale per un soggiorno rigeneratore tra il verde, i piaceri della buona cucina di campagna e le cure rilassanti e ristoratrici delle celebri acque termali.
Il paese fu danneggiato gravemente dal terremoto del 1980 in conseguenza del quale ha perduto quasi interamente il suo patrimonio architettonico storico-culturale (crollarono il centro storico, le Chiese ed il Palazzotto ducale).
STORIA
In un documento del 1442, Alfonso I d’Aragona, Re di Napoli, accordava a Troyano Caracciolo di Melfi il feudo di Villamaina.
I Caracciolo si susseguirono ininterrottamente col titolo di conti e baroni alla reggenza del piccolo feudo irpino fino al 1590, anno in cui Vincenzo Caracciolo (amico e corrispondente di Torquato Tasso) lo vendette ad un certo Carlo Tappia, marchese di Belmonte. È qui che avviene l’importante modifica del titolo.
Il reggente Carlo Tappia ottenne dal Re Filippo IV di Spagna di mutare il suo titolo di marchese di Belmonte in marchese di Villamaina.
Siamo nel 1635. Morto Tappia, dieci anni dopo, il feudo di Villamaina passò nelle mani della nipote Marianna la quale, incapace di far fronte ai debiti assunti dallo zio di fronte ai vecchi feudatari di Villamaina, su loro istanza di credito, fu costretta a cedere di nuovo a questa famiglia i possedimenti.
Questo accadeva definitivamente nel 1661.
Ancora altri dieci anni dopo, precisamente il 27 gennaio 1670, con atto di convalida ed exequatur del Viceré di Napoli e col regale permesso di Carlo II,[1] Maria Domenico Caracciolo, poté aggiungere il titolo di I marchese di Villamaina alla sua famiglia, accanto a quello di duca che verrà comunque conservato e più tardi associato al toponimo di San Teodoro.
Quest’ultimo titolo derivò dalla volontà comune degli zii rimasti senza eredi Andrea e Giovanni Venato, duchi di San Teodoro, che il 5 settembre 1743 (testamento di Giovanni Venato) nominarono beneficiario dei beni il nipote Tommaso Caracciolo 2°, fratello del nostro Domenico, con l’esplicitazione nell’atto di donazione della richiesta di aggiungere per la futura discendenza al ramo stesso della famiglia Caracciolo il cognome estinto dei “Venato”.
I Caracciolo di Villamaina tra i quali vanno ricordati oltre a Domenico, celeberrimo statista, ambasciatore, Primo Ministro e Viceré delle Sicilie, anche Carlo Maria Caracciolo (diplomatico, siglò importanti accordi con Napoleone Bonaparte) e Luigi Caracciolo, senatore del nuovo Regno italiano. La famiglia si estinse alla fine dell’Ottocento ed i possedimenti di Villamaina passarono ai conti Sanfelice di Bagnoli.
L’economia si è sempre basata sull’agricoltura. Negli ultimi decenni sono nate aziende di trasformazione dei prodotti agricoli ed attività nel settore turistico.
Forte l’emigrazione, soprattutto negli anni ’50 e ’60 (prevalentemente verso Argentina, Venezuela, Stati Uniti, Canada, Germania e Svizzera). La popolazione residente è andata diminuendo anche a causa dell’emigrazione verso il centro e nord Italia.
PERSONAGGI ILLUSTRI
Per quanto paese abbastanza piccolo, Villamaina ha dato i natali a personaggi illustri del mondo intellettuale e politico di ogni epoca.
In ordine cronologico vanno ricordati il botanico Giovanni Gussone, il Marchese Domenico Caracciolo, Primo Ministro del Regno e Vicerè delle Sicilie nel XVIII sec., il celebre pedagogista padre dell’ordine celestino Ludovico Vuolo, lo storico e medico Paolino Macchia, il prof. Giuseppe Scopa, il medico-sindaco Martino Canonico, il poeta Salvatore Caputo, ed il prof. Fernando Di Ieso.
Religiosi
Villamaina nel XV secolo ebbe anche un Vescovo: Odoardo Ferro.
Molto cara ai Villamainesi la figura di don Gaetano Iorio, storico parroco fino alla fine del XX secolo. Prima di lui vanno annoverate le figure di don Stefano Pizzuti, don Costanzo Macchia (XVIII sec), don Pasquale Melchionda (suo l’altare laterale nella chiesa madre), don Giuseppe Carsillo (XIX sec).
Artisti
Tra gli artisti meritano sicuramente una menzione: Maria D’Amato, ricamatrice di talento riconosciuto a livello nazionale (celebri gli encomi a lei rivolti da Guttuso e l’amicizia intercorsa con il grande pittore) e lo scultore Vincenzo Caputo che ha fatto della sua arte un’autentica ragione di vita, concretizzatasi di recente nel Parco scultoreo di C/da Antica.